#SpazioTalk, Giovanni Aleotti: “Non siamo tutti Pogačar o Bernal, magari mi ci vuole più tempo”
Giovanni Aleotti è uno dei giovani italiani più interessanti in circolazione. Passato professionista quest’anno con la BORA-hansgrohe, si è subito distinto portando a termine il Giro d’Italia e vincendo il Sibiu Cycling Tour. Corridore dotato di buona tenuta in salita, era stato inserito al quarto posto nella nostra speciale graduatoria dei 10 neopro’ più attesi del 2021 e non ha tradito le attese. Il classe 1999, forte di altri due anni di contratto con la formazione tedesca, avrà la possibilità di continuare a crescere all’ombra di grandi campioni e di migliorare soprattutto nelle corse a tappe, specialità che richiede esperienza. Aleotti ha concesso un’intervista esclusiva ai nostri microfoni, di cui un estratto è andato in onda nel podcast SpazioTalk.
Hai avuto modo di vedere il percorso del Giro d’Italia? Cosa ne pensi?
Ho visto. È bello: mi piace come percorso. Già la prima tappa non è scontata, con quell’arrivo su quella salitella. Con tutti quelli che penseranno a vincere la tappa e alla prima maglia rosa e quelli che penseranno alla classifica generale sarà di sicuro impegnativa e stressante con un finale così. Poi anche le tappe di montagna sono belle. È un bel Giro penso, come sempre alla fine.
Ci sono anche tante tappe mosse che magari potrebbero aiutare l’azione di qualche attaccante: c’è qualche tappa in particolare che stuzzica un po’ la tua fantasia? Sai già se il Giro può essere nel tuo programma?
Il programma ancora non lo so. Faremo il primo ritiro a dicembre in Germania con la squadra e lì decideremo tutti i programmi. Ma adesso è ancora un po’ presto. Guardare da vicino e cercare qualche tappa ancora non l’ho fatto, però, sì, ci sono tante tappe che sono adatte: mosse e impegnative. Quindi se farò il Giro di sicuro ci saranno delle belle occasioni.
Quest’anno come valuti la tua stagione? La prima in una squadra WorldTour e sono arrivati bei risultati e belle soddisfazioni.
Io sono molto contento, sono andato probabilmente anche al di sopra delle mie aspettative nella seconda parte di stagione. La prima parte ho fatto un bel calendario, corse molto impegnative come Tirreno-Adriatico, Giro dei Paesi Baschi e poi il Giro. Da dopo il Giro sono riuscito a fare uno step in più e ad essere competitivo già per tutta l’estate, a partire dal Sibiu Tour, ma anche dopo alla Settimana Ciclistica Italiana, Classica di San Sebastian, Circuito de Getxo, Giro di Polonia, quindi anche in corse WorldTour. Sicuramente sono molto contento.
Che sensazione è stata vincere il Sibiu Tour davanti ad un corridore come Fabio Aru che ha fatto la storia del ciclismo italiano recente?
Fabio è un grandissimo. Vincere lì è stato molto bello: è stata la mia prima vittoria con la maglia della squadra, quindi sicuramente è molto bello. È stata una bella emozione. Di lì in poi ho ottenuto anche una serie di buone performance, quindi sono veramente molto contento se penso alla stagione che ho fatto. Mi sono fatto le ossa, però dalla seconda parte ho anche visto che la squadra mi dava più spazio e magari venivo protetto un po’ di più durante la corsa. Sicuramente è merito anche di come abbiamo lavorato all’inizio della stagione questo miglioramento.
E ora che ti conosci un po’ di più, pensi di puntare maggiormente su corse di una settimana con salite relativamente brevi (comunque anche l’undicesimo posto in Polonia, che è una corsa WorldTour dimostra che sicuramente puoi dire la tua) oppure vuoi provare a specializzarti in qualcos’altro?
Penso nel futuro prossimo, dal 2022, nel mio secondo anno, che le corse di una settimana e quelle di un giorno siano sicuramente più alla mia portata. Dopo penso che non tutti siano Pogacar o Bernal, quindi magari mi ci vuole ancora un po’ di tempo: penso che per fare i Grandi giri sia ancora presto e bisogna un po’ vedere negli anni l’evoluzione. Il Polonia è stato già un bel risultato per me essendo una corsa WorldTour. C’è un po’ di rammarico visto che fino all’ultima crono ero con lo stesso tempo del quinto, però il divario è così minimo che si finisce da un possibile quinto o una top-10 ad undicesimo, ma comunque va bene lo stesso.
Parlando con Felline, in questi giorni, mi ha detto una cosa molto interessante, ovvero che a volte succede per alcuni ciclisti di passare professionisti con delle grosse aspettative e che magari anche se nella loro carriera si rendono molto utili e sono molto rispettati all’interno del gruppo per il lavoro che fanno, poi vengono considerati un po’ una delusione nel corso della loro carriera, pur riuscendo ad essere gregari molto importanti. Sei d’accordo? Hai paura che questa pressione possa esserci anche per te?
Sicuramente quello che ha detto è una cosa molto intelligente. Sicuramente non tutti i corridori possono essere capitani e quando la squadra si presenta alla corsa di sicuro non ci sono otto capitani, però nel mio caso penso che sia ancora presto per dirlo. Diciamo che io non ho nessuna pressione dalla squadra, non mi sono posto nessuna pressione, nessun dovere di dimostrare qualcosa. Un po’ come ho fatto quando ho iniziato il mio percorso negli Under 23, sono partito cercando di imparare il più possibile dai miei compagni, dai più esperti. Poi, vedere che già dal primo anno ho fatto un miglioramento, sono molto contento e guardo con ottimismo all’anno prossimo, però non mi è stata posta, o almeno non ho percepito, nessuna pressione, quindi sto lavorando abbastanza tranquillo.
Questa stagione di CicloMercato ha portato tanti cambiamenti in casa Bora: sono andati via tanti capitani (Sagan su tutti) e sono arrivati più scalatori di quanti ne avete avuti fino a questa stagione, tra Higuita, Hindley, Vlasov… Questo forse può essere un vantaggio per te che incontri corridori con caratteristiche simili (loro forse sono più scalatori di te) o può essere un limite perché in questo momento di crescita avere così tante possibili alternative può non essere l’ideale per la tua crescita?
Di sicuro la squadra cambierà moltissimo nel senso che da squadra con un’icona come Sagan per puntare alle classiche e alle tappa al Tour e al Giro, l’anno prossimo sarà più orientata sulle corse a tappe, con l’arrivo di gente molto forte. Dal mio punto di vista penso che non cambi niente, nel senso che per me è ancora presto parlare di fare classifica in un Grande Giro. Sicuramente, quindi, non limiterà la mia crescita. Penso che sia sempre un ottimo posto in cui crescere come lo è stato quest’anno. Sono convinto di questo.
C’è stato un momento di difficoltà e, se sì, quale in questa tua stagione da professionista, a livello fisico o psicologico?
È andato tutto molto liscio, nel senso che non ho avuto problemi fisici e sono stato bene tutta la stagione. Ho sempre corso, non ho mai avuto momenti in cui avevo bisogno di correre e non avevo l’opportunità. Anzi ho corso molto. Sicuramente momenti difficili ce ne sono stati, specialmente ad inizio stagione alcune cose sono difficili, ma fortunatamente è andato tutto bene. La stagione l’ho vissuta abbastanza bene. Non sono arrivato nel professionismo con la presunzione di fare già risultati e, quindi, tutto quello che veniva era di guadagnato.
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